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Climatologia del sistema solare: pianeta Terra, parte 2

MeteoSvizzera-Blog | 03 febbraio 2025

Dopo due puntate dedicate a Mercurio e Venere, sabato abbiamo iniziato ad analizzare il passato climatico della Terra. Oggi continuiamo la nostra avventura sulla Terra, con uno sguardo alle ere glaciali.

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Le puntate precedenti della serie

Nella prima puntata dedicata al passato climatico della Terra, abbiamo fornito alcune nozioni di base sula branca nota come "paleoclimatologia" e e abbiamo esaminato il passato climatico tra 2,5 miliardi di anni fa e 50 milioni di anni fa. Abbiamo visto come la Terra abbia attraversato fasi “a palla di neve” e periodi molto più caldi di quelli attuali, il tutto segnato da diversi episodi di estinzione di massa. Oggi ci chiniamo sugli ultimi 50 milioni di anni. Ben inteso, più avanziamo nel tempo e ci avviciniamo all'era attuale e più la cronologia sarà precisa e potremo dare informazioni maggiormente dettagliate.

Un lento raffreddamento

50 milioni di anni fa il clima era molto più caldo di oggi; la temperatura media era probabilmente più alta di almeno 10°C rispetto a quella attuale. In quel periodo, i poli non erano coperti di neve e il Polo Sud si trovava nel mezzo di una foresta. È importante notare che tra i periodi caldi e quelli freddi del passato della Terra, la differenza di temperatura è molto maggiore nelle zone polare. Secondo un recente studio, mentre la differenza di temperatura media tra periodi caldi e freddi all'equatore è di circa 15°C, questa differenza raggiunge i 45°C al Polo Sud e i 35°C al Polo Nord.

Negli ultimi 50 milioni di anni, il clima si è dunque lentamente raffreddato. Diversi fattori hanno contribuito a questo fenomeno. Il declino iniziato dopo il picco di 50 milioni di anni fa è stato probabilmente innescato dalle felci acquatiche (Azolla). Queste felci proliferarono e ridussero significativamente le temperature catturando grandi quantità di anidride carbonica atmosferica. A poco a poco, l'Antartico fu nuovamente avvolto dai ghiacci. La presenza del ghiaccio aumentò la riflessione dell'energia ricevuta dal sole, contribuendo a mantenere il raffreddamento (si veda la sezione sui cicli di retroazione nella prima parte di questo blog). Circa 5 milioni di anni fa, l'Antartide fu di nuovo completamente ricoperto dai ghiacci e il clima era probabilmente simile a quello che conosciamo oggi, con alternanza di ere glaciali e periodi più caldi.

Il valzer delle ere glaciali

Negli ultimi milioni di anni, il clima della Terra ha oscillato tra due diversi stati: periodi glaciali, con ghiacci che a volte si estendevano fino alle nostre latitudini, e periodi caldi, come quello che stiamo vivendo negli ultimi 12.000 anni. Ognuno di questi cambiamenti è stato avviato dai cosiddetti cicli di Milankovich. Questi cicli sono la somma dei diversi parametri che regolano l'orbita della Terra intorno al Sole e la sua rotazione su se stessa, influenzando l'energia solare ricevuta dalla Terra. Si ritrova una ciclicità di 40'000 anni con un'ampiezza che dipende da altri cicli più lenti o più veloci, in particolare un ciclo di 100'000 anni. Ancora una volta, queste variazioni non sono altro che l'innesco di successivi cicli di raffreddamento/riscaldamento. Numerosi cicli di ritrazione (cfr. la prima parte di questo blog) entrano in gioco per amplificare questi effetti.

Come si può vedere dall'immagine sottostante, fino a circa 1,2 milioni di anni fa, il ciclo delle ere glaciali e dei periodi caldi si svolgeva nell'arco di 40'000 anni, in linea con la componente principale dei cicli di Milankovich. Da allora, il ritmo è rallentato e le ere glaciali si susseguono ora a un ritmo di circa 100'000 anni, con periodi freddi che durano più a lungo di quelli caldi. Le ragioni di questa transizione sono ancora oggetto di dibattito nella comunità scientifica: cambiamenti nella dinamica dei cicli del carbonio o dei cicli glaciali dovuti a instabilità del sistema, l'apertura dello Stretto di Behring che si pensa abbia alterato la circolazione oceanica o, tra le altre cose, la graduale diminuzione dell'anidride carbonica dovuta al calo del vulcanismo.

L'ultima era glaciale

L'ultima era glaciale è iniziata circa 115'000 anni fa. Seguì il periodo caldo noto come Eemiano, durato 15'000 anni. Questo periodo era leggermente più caldo di quello attuale (senza considerare il recente riscaldamento globale) e avrebbe visto la prima grande espansione geografica dell'uomo moderno.

L'ultima era glaciale non è stata semplicemente un lungo periodo freddo. Si sono verificate numerose oscillazioni di temperatura su scale temporali relativamente brevi, come si può vedere nel grafico sottostante. Queste oscillazioni, particolarmente pronunciate nell'emisfero settentrionale, sono note come eventi Dansgaard-Oeschger (si veda la prima parte di questo blog) e hanno prodotto periodi relativamente brevi di riscaldamento intenso (meno di un secolo), seguiti da un raffreddamento più lento. I meccanismi all'origine di questi eventi rimangono incerti. Sono state ipotizzate cause solari e oceaniche, ma non sono ancora state fornite prove certe. Inoltre, alcuni studi suggeriscono che questi eventi potrebbero essere stati innescati da complesse interazioni tra l'atmosfera, la banchisa polare e gli oceani, che influenzano il modo in cui l'energia viene trasportata verso i poli. Ciò che è più certo è che questi eventi hanno avuto anche forti impatti sul clima a livello più locale (ad esempio, cambiamenti nel regime delle precipitazioni o sulle regioni colpite dai cicloni tropicali).

La massima estensione dei ghiacci durante l'ultima era glaciale è stata raggiunta circa 21'000 anni fa. Il video qui sotto mostra l'estensione dei ghiacci nella regione alpina. Sull'Altopiano svizzero c'era circa 1 km di ghiaccio! Da allora, il clima della Terra si è riscaldato lentamente, nonostante un'ondata di freddo circa 12.000 anni fa (il cosiddetto “Dryas recente”, vedi grafico sopra), che si è conclusa con un improvviso aumento delle temperature. Da allora siamo entrati nell'attuale periodo caldo, noto come Olocene. La transizione tra ere glaciali e periodi caldi non è stata priva di conseguenze per la flora e la fauna. Non sono stati solo i mammut a non sopravvivere all'ultimo riscaldamento. Infatti, circa il 65% della “megafauna” (animali che pesano più di 44 chili) è scomparso con l'ultima deglaciazione. D'altra parte, questo riscaldamento ha creato le condizioni favorevoli per gli sviluppi culturali, demografici e tecnologici che hanno portato alla società in cui viviamo oggi.

Una terza parte di questo blog tratterà il periodo dell'Olocene.

Animazione della copertura di ghiaccio durante l'ultima era glaciale prodotta dall'ETH Zürich (Seguinot et al., 2018, DOI:10.5194/tc-12-3265-2018)

La paleoclimatologia, uno strumento essenziale per comprendere i cambiamenti futuri

Come abbiamo visto in questi due blog sul clima terrestre, sono stati compiuti molti progressi verso una migliore comprensione del passato climatico della Terra. Tuttavia, le spiegazioni di molti fenomeni osservati rimangono ipotetiche e la paleoclimatologia è un campo di ricerca attivo e in continua evoluzione.

Nell'attuale contesto di cambiamento climatico, la comprensione della storia del clima terrestre è di fondamentale importanza. La climatologia, come ad esempio la cosmologia in fisica, soffre di un grosso problema: l'impossibilità di riprodurre gli esperimenti. I climatologi non dispongono di una serie di pianeti in laboratorio sui quale poter testare le differenti ipotesi. La ricostruzione dell passato climatico della Terra è l'unico “campo da gioco” accessibile per testare ipotesi e modelli. Le conoscenze acquisite grazie a questo, come ad esempio il legame fra le variazioni della concentrazione dei gas a effetto serrre e le variazione della temperatura o l'evoluzione delle calotte glaciali come effetto delle variazioni di temperatura, sono informazioni di estrema importanza per cercare di comprendere, prevedere e anticipare i cambiamenti climatici attuali e futuri.