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Il favonio, l’asciugacapelli delle Alpi – Parte 3

MeteoSvizzera-Blog | 19 marzo 2023
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In questa terza e ultima puntata della serie #lameteospiegata sul tema del favonio diamo un’occhiata ad alcuni dati e record, ai metodi di previsione, e scopriremo chi è "l'urano più vecchio”. Infine alcune curiosità e aneddoti sul favonio.

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Il Favonio a sud e a nord delle Alpi, per chi è più importante?

Detto che il favonio è un vento di caduta che colpisce tanto a sud quanto a nord delle Alpi, che relazione ha con le persone sui due versanti, insomma viene percepito allo stesso modo? “Avendo passato tanto tempo a nord delle Alpi, e ragionando su questa domanda – che non ha una risposta univoca ed è più una mia interpretazione basata sull’esperienza – la prima cosa che mi viene da dire è che da noi, in Ticino come nei Grigioni, viviamo praticamente tutti nelle vallate alpine, quindi il vento da nord quando c'è, può arrivare dappertutto, è chiaro che è più frequente nell’Alto Ticino, ma è comunque qualcosa che tutti conoscono. Allo stesso modo però se ci spostiamo verso la Pianura Padana non è che tutti sappiano cosa sia il vento da nord, anche perché difficilmente lo sperimentano. Se invece vai a nord delle Alpi, nelle vallate alpine, come da noi il favonio c'è spesso, mentre sull’Altopiano decisamene meno. Eppure anche qui tutte le persone sanno benissimo cos’è il föhn… mi ricordo di commenti di zurighesi che guardando le Alpi in lontananza in giornate di ottima visibilità si lanciavano spesso nel commento ‘ooh hüüt isch föhnig’ (‘aah oggi soffia il favonio’ ndr), anche se magari in città non soffia un filo d’aria. Insomma, il fenomeno non è così frequente, ma lo si conosce meglio e lo si percepisce ovunque, anche più lontano dalla regione alpina. Allo stesso modo se invece vai per esempio a Lodi in prossimità di Milano a dire ‘ah oggi soffia il favonio’ vieni probabilmente guardato in maniera strana, è un fenomeno molto meno sentito e discusso.

Insomma, a nord c’è molta più vicinanza al favonio, forse anche perché in un certo qual modo lo ‘vedi’ molto di più: anch’io abitavo nell’Oberland zurighese e guardando verso le Alpi vedevo proprio il ‘buco’, la famosa finestra del favonio citata prima. È chiaro che in Ticino o nelle vallate del Grigioni italiano il tema è sentito, ma appunto il confronto con questa zona a nord delle Alpi si fermerebbe alle Prealpi nordalpine. Se vogliamo fare un confronto della percezione con l’Altopiano svizzero, dove è appunto comunque parecchio considerato, per correttezza morfologica dovremmo farlo con le zone lombarde di pianura – Zurigo con Vercelli per intenderci – dove invece è un fattore decisamente secondario. Anche perché proprio morfologicamente le differenze ci sono: la pianura padana è piatta, punto e stop. Al contrario l’Altopiano fa un po’ da tramite tra le pianure dell’Europa centrale e le Alpi, una sorta di catino con dei fenomeni più spesso influenzati dalla catena alpina, e il föhn può arrivare anche fin qui, seppur con meno forza”.

“L’urano più vecchio” e la localizzazione del favonio: dove soffia di più

“Dr ältischt Ürner chunnt, dr Feehn”, ‘oder’ “dr äutischt Wenger chunnt”. Questi due detti, il primo in dialetto urano, il secondo in quello dell’Oberland bernese (non ce ne vogliamo i patrizi di quelle zone per il tentativo di trascrizione), ci dicono già molto di dove il föhn colpisce maggiormente a nord delle Alpi. Entrambi si riferiscono al vento di caduta come al “cittadino” più antico della regione, proprio per rimarcare come ci sia sempre stato e che la sua presenza è importante, se non ingombrante. Tra le zone più toccate dal favonio da sud troviamo ovviamente la valle della Reuss urana, forse il luogo per eccellenza del favonio nordalpino. C’è poi il Basso Vallese, con il favonio del Gran San Bernardo, ma anche l’Alto Vallese in zona Visp con il vento in discesa dal Sempione. Un’altra zona molto colpita è la Haslital nell’Oberland bernese, con il Föhn che arriva dal Grimsel. Qui troviamo anche il Guggiföhn, molto localizzato nella regione della Jungfrau, ma che può produrre raffiche anche fino a 200-250 km/h e che in molti hanno forse sentito citare quando c’è la discesa libera del Lauberhorn, spesso infatti disturbata da questo vento che scende dalla Jungfraujoch attraversando il ghiacciaio del Guggi fino a Wengen. Nei Grigioni a ‘brillare’ è in particolare la Rheintal, la valle del Reno, soprattutto quella posteriore che scende da San Bernardino verso Hinterrhein, per poi proseguire per la val Schons fino a Coira e giungere infine oltra la regione di Sargans, nell’alta valle del Reno sangallese. Infine c’è anche Glarona, dove è però meno frequente perché la valle è molto stretta e profonda, e sono presenti più ostacoli intermedi. “Questo non vuol dire che in altre vallate non arrivi, ma nelle regioni più “classiche” è più frequente.

Oltre al già citato Guggiföhn, tra i casi particolari, vale poi la pena citare anche il Dimmerföhn: “È quando piove contemporaneamente al favonio, quando in presenza di una situazione meteorologica particolare le precipitazioni da sud riescono a ‘sfondare’ nelle vallate nordalpine. Il termine è tanto per cambiare urano e in tedesco dimmen vuol dire oscurare, un po’ come con il ‘dimmer’ che ci permette in casa di regolare le luci. Dimmerföhn indica pertanto un ‘favonio scuro’, che è un po’ come la romanda ‘bise noire’ o ancora in Italia con la bora scura, entrambi termini per indicare il vento accompagnato dalla pioggia.

Dati e record, quando il föhn raggiunge i suoi limiti

Ormai dovrebbe essere cosa nota, la regione regina del favonio è certamente la Reusstal urana: “E non a caso: se si guarda tutto l’arco alpino, il posto dove la distanza tra sud e nord delle Alpi è più breve è proprio qui. Anche per questo nella storia si è fatto l’impossibile per voler passare dal Gottardo, perché è la linea più diretta tra nord e sud. E di questo se n’è accorto anche il favonio, difatti Altdorf – una delle stazioni di misura con più dati disponibili per il favonio – è una zona molto toccata e quindi anche studiata. Qui, a partire dal 1967, la raffica più forte di föhn mai registrata ha toccato i 157 km/h nel 1981. Le stazioni permettono di stabilire anche i periodi più lunghi consecutivi in cui ha soffiato il föhn: “Per fare questa statistica possiamo partire solo dal 1981, in quanto prima non c’era la misurazione ogni 10 minuti come l’abbiamo oggi e quindi non si poteva stabilire la continuità assoluta. Bè, in questo senso il periodo ininterrotto più lungo lo troviamo sempre ad Altdorf con 138 ore nell’aprile 1993, quasi sette giorni senza soluzione di continuità, seguito dalle 109 ore registrate a novembre 2016. Come frequenza annuale sempre ad Altdorf siamo intorno ai 60 giorni all’anno con il favonio, dunque circa uno su sei”.  C’è infine poi il discorso della stagionalità: “Il favonio non soffia con la stessa forza e la stessa frequenza tutto l’anno, anzi. Sempre prendendo Altdorf come riferimento, sono i mesi di aprile e maggio a mettersi in evidenza. Il motivo è presto detto: di norma – e sottolineo di norma visto ad esempio lo scorso anno - in questi mesi a sud delle Alpi dovremmo avere il picco delle precipitazioni primaverile, testimoniato anche da detti come ‘aprile ogni goccia è un barile’… ecco in questi casi, da noi piove, sulle Alpi c’è lo sbarramento e di là, a nord, soffia il föhn”.

Prevedere il favonio, un compito tutt’altro che facile

“Iniziamo subito con il dire – spiega Zanini – che il favonio è quello che si dice un fenomeno complesso e tutt’altro che facile da prevedere nei suoi dettagli”. La previsione di questo vento particolare si basa infatti su diversi elementi: “Semplificando il più possibile: si guarda prima di tutto il vento a diverse quote sopra le Alpi, che direzione ha e quali velocità raggiunge il vento. Un altro parametro importante è la pressione, in particolare la sua distribuzione al suolo attorno alle Alpi, ‘allargandosi pure un pochino’, e ancora di più le variazioni della pressione in queste zone. Queste possono infatti dare origine a delle notevoli variazioni nella differenza di pressione fra Nord e Sud delle Alpi, non solo al suolo, ma anche a quote fino a circa 3000 metri. Esistono dei “check” basati su degli algoritmi che combinano tutti questi fattori, come quello di Widmer sviluppato nella seconda metà degli anni ’60. Tutti questi elementi vengono poi contestualizzati con la situazione sinottica che abbiamo davanti (condizioni atmosferiche in un dato momento): se sta arrivando una perturbazione, quanto vento in quota c’è e come cambia, … Non da ultimo sussiste però un’ulteriore difficoltà: “Tante volte si riesce ad arrivare abbastanza bene a capire che è presente una situazione favonica e che il vento ci sarà, ben altra cosa è capire se questo föhn arriverà fino ad Altdorf o si fermerà a Silenen, se arriverà fino Zugo, ecc. Qui entrano in gioco altri fattori, come la stratificazione della massa d'aria nelle valli e come questa si modifica nel corso della giornata. Ad esempio nella stagione estiva il favonio fatica meno a scendere nelle valli perché c'è tipicamente meno aria fredda e pesante nei bassi strati, aria altrimenti più difficile da scalzare. Oppure ancora se ci pioverà ‘dentro’ al favonio… insomma ci sono ancora tutta una serie di ragionamenti e variabili ulteriori da considerare per arrivare alla previsione. Ad ogni modo la stabilità dell’aria nei bassi strati è fondamentale per sapere fin dove arriverà il favonio anche al Sud, se scenderà fino a Locarno o si fermerà a Cevio. Un esempio calzante in questo senso è la tempesta Lothar: tra il 25 e il 26 dicembre 1999 ci fu un fortissimo e storico calo di pressione a nord delle Alpi, mentre da noi a sud delle Alpi questo crollo causò un ‘risucchio’ di aria tale che incontrate le Alpi ha dato origine a sbarramento, e infatti la sera di Natale nevicava in Ticino. A nord questo possente calo di pressione ha invece ‘aspirato’ l’aria fredda dalle Alpi generando un favonio che ha raggiunto l’Altopiano… È un caso molto particolare, ma utile a spiegare l’importanza dei cambiamenti di pressione in meteorologia. In previsione, infine, per stabilire se davvero di favonio davvero si tratta, si tiene conto anche dell’umidità con l’indice del favonio spiegato prima da Cecilia Moretti”.

Una vita da previsore (e appassionato): curiosità e aneddoti sul favonio

Per chiudere l’ampio giro d’orizzonti sul favonio, e vista la lunga esperienza da previsore tanto a nord quanto a sud delle Alpi, già emersa nel contributo sulla nebbia e tra le righe anche qui sopra, chiediamo a Stefano Zanini se gli vengono in mente aneddoti o curiosità riferite proprio al föhn. “Basandoci su quanto appena detto sulla difficoltà della previsione del favonio, tra gli aneddoti vanno certo annoverate le previsioni sbagliate” – dice ridendo. “In particolare è sempre stato difficile prevedere quando finiva il favonio, il già citato Zusammenbruch, perché come visto al nord delle Alpi la fine del favonio vuol dire spesso l’inizio delle precipitazioni, e sbagliare di alcune ore la fine può fare una notevole differenza. Al di là delle previsioni possiamo però anche dire che il favonio è un fenomeno sicuramente interessante per chi è appassionato di osservazioni, ci sono dei punti considerati ideali per vedere dal vivo dinamiche ed effetti che abbiamo spiegato finora. Uno di questi luoghi suggestivi è sicuramente il porto di Brunnen: qui quando c’è una tempesta di favonio – personalmente ci sono stato alcune volte – le onde del lago dei Quattro Cantoni fanno degli spruzzi impressionanti… bisogna vestirsi bene, perché l’acqua arriva a ‘lavare’ tutto il lungolago di Brunnen, un fenomeno affascinante. A volte il favonio, in particolare nel semestre invernale, lo si può avere in contemporanea alle nebbie persistenti sull’Altopiano, uno strato di aria fredda più pesante che d’inverno praticamente non si dissolve e il favonio, più leggero, scorre sopra. Questo fenomeno è spesso ben visibile tra Steinen e Arth-Goldau, nel canton Svitto, all’altezza della località Bernerhöchi, in prossimità del confine tra Prealpi e Altopiano, dove se si ha fortuna si può osservare come il favonio vorrebbe e spazzar via la nebbia, una vera e propria battaglia con la nuvolosità che al contrario vorrebbe dirigersi verso le Alpi.

Il vento finisce con fare in parte a brandelli la nebbia, facendo girare e rigirare questi pezzetti per aria… è uno spettacolo, si potrebbe restare lì ore ad osservarlo”. Stefano a volte si diletta anche con delle riprese time-lapse, come in questo caso ripreso dal Piz Beverin guardando verso il passo dello Spluga e la Valchiavenna.

E se dell’altrettanto affascinante finestra – o buco – del favonio abbiamo già detto, un’ultima curiosità riportata con sé dal nord delle Alpi riguarda le pure già citate – da Cecilia Moretti – nubi lenticolari: “In Svizzera interna le chiamano ‘Föhnfische’, perché assomigliano talvolta a dei pesci” chiude Stefano con un sorriso.

#lameteospiegata è una serie RSINews, in collaborazione con
MeteoSvizzera, che nasce con l’intenzione di approfondire, una volta al mese, un tema meteorologico non per forza legato alla stretta attualità. La missione: renderlo accessibile e comprensibile.

Altri blog della serie #lameteospiegata dedicati al favonio:

Il favonio, l’asciugacapelli delle Alpi – Parte 1

Il favonio, l’asciugacapelli delle Alpi – Parte 2

Il blog completo de #lameteospiegata sul sito web di RSI è accessibile al seguente link:

https://bit.ly/3JrXkXN