Negli ultimi anni si è spesso letto di periodi estremamente freddi e nevosi sul Canada e sugli Stati Uniti, e un motivo c’è: “Sul continente nordamericano ultimamente il posizionamento di un lobo secondario al momento della frantumazione del vortice è un po’ più costante rispetto a quello sulla Siberia, ma è ancora difficile e presto per stabilire una tendenza. L’ultimo evento degno di nota di stratwarming con un posizionamento di un lobo in posizione favorevole sull'Europa è stato nel febbraio 2018, quando un lobo si è spostato appunto sulla Siberia, favorendo l'afflusso di aria molto fredda. Probabilmente molti si ricordano che si parlava di Burian: mentre nel continente le temperature erano scese di decine di gradi al di sotto della norma, sul circolo polare artico - a causa dell'anticiclone caldo che ha frantumato il vortice - le temperature erano addirittura al di sopra degli zero gradi. Il fenomeno resta comunque piuttosto limitato nel tempo: nel 2018, a distanza di circa dieci giorni, il vortice polare ha ripreso vigore e l'ondata di freddo in Europa ha lasciato spazio nuovamente a delle correnti più miti da ovest. Non sempre il riscaldamento stratosferico ha contraddistinto gli inverni rigidi del passato, anche perché appunto il fenomeno riguarda una fase temporale e geografica piuttosto circoscritta” conclude Luca Nisi.
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MeteoSvizzera, che nasce con l’intenzione di approfondire, una volta al mese, un tema meteorologico non per forza legato alla stretta attualità. La missione: renderlo accessibile e comprensibile.
Il vortice polare, l'amministratore del freddo – parte 1
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