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Il vortice polare, l'amministratore del freddo - parte 2

MeteoSvizzera-Blog | 03 gennaio 2023
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Continuiamo il nostro viaggio esplorativo della serie #lameteospiegata sul tema del vortice polare. In questa puntata analizziamo nel dettaglio un fenomeno molto tematizzato dai media negli ultimi anni: il riscaldamento improvviso di parte della stratosfera, chiamato più comunemente con il suo termine in inglese “Stratwarming”.

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L’amministratore del freddo boreale

Il vortice polare interagisce su larga scala con gli anticicloni subtropicali, posizionati alle latitudini più basse. A causa della rotazione terrestre, gli scambi di massa d’aria tra equatore e polo non sono diretti, anche alle quote più alte. Luca Nisi di MeteoSvizzera: “le correnti a getto (jet stream) alle medie latitudini deviano infatti questi flussi che cercano di colmare il deficit e il surplus di energia presenti rispettivamente nelle regioni polari e nelle zone equatoriali. Senza la rotazione terrestre questo scambio sarebbe un flusso diretto sud-nord e la dinamica dell’atmosfera terrestre sarebbe decisamente differente rispetto a come la conosciamo noi oggi!”.

Ma torniamo agli effetti del tempo alle medie latitudini e quindi anche in Europa: “Dobbiamo considerare che maggiore è la velocità di rotazione, più intenso sarà il vortice (intensità dei venti in quota) e minore sarà la probabilità di irruzioni di aria polare troposferica verso le medie latitudini, le nostre. In questi casi la corrente a getto alle medie latitudini è decisamente rettilinea, con poche ondulazioni. Gli scambi di energia tra equatore e polo sono più difficoltosi e poche perturbazioni ben organizzate riescono a “scivolare” fino alle medie latitudini. Un vortice polare meno intenso, al contrario, causa una corrente a getto meno forte e più soggetta a ondulazioni, onde che favoriscono gli scambi di energia tra equatore e polo. In questo caso si avrà una maggiore probabilità che si formino zone di bassa pressione con i loro fronti e che riescano a raggiungere anche le medie latitudini”. In poche parole: un vortice polare ben formato, intenso e centrato sul Polo porta ad intense correnti da ovest marittime e miti sull’Europa, mentre un vortice debole porta ad una maggiore variabilità delle correnti sull’Europa e quindi anche ad un maggiore rischio di ondate di freddo intense”.

Lo “Stratwarming”, il guastafeste frantumatore

Il riscaldamento stratosferico, o appunto più comunemente chiamato ‘stratwarming’, è un fenomeno molto ripreso e ‘chiacchierato’ sui media negli ultimi anni. “Suscita interesse per le conseguenze che può generare (ondate di freddo che ci raggiungono), ma anche perché al giorno d'oggi la comunità scientifica è piuttosto concorde nell’affermare che la riduzione dell'estensione dei ghiacci artici e altri fenomeni violenti, anche al di fuori del circolo polare, vadano ad aumentare la frequenza di questo riscaldamento improvviso della stratosfera che tocca le zone polari durante la stagione invernale, proprio quando dovremmo trovare un vortice polare molto attivo. Va comunque detto che si tratta comunque di un fenomeno poco comune”. Ma cosa succede quando la stratosfera in prossimità del vortice si scalda in modo improvviso? “Bè, si forma una zona di alta pressione anche nella stratosfera che va praticamente a frammentare e suddividere il vortice polare in due o più parti (anche fino a 5 o più), che vengono poi spostate dal polo verso latitudini un po’ più basse. Per il nostro continente dobbiamo pensare all'Europa settentrionale o alla Siberia, per il Nord America all’Alaska. Queste circolazioni, che sono poi indipendenti l'una dall'altra, in gergo vengono definite anche come lobi. Possiamo insomma dire che lo stratwarming è il processo per eccellenza che frammenta il vortice durante la sua fase più intensa, quella invernale.”

I lobi, gli alleati delle ondate di freddo

Proprio dai lobi l’aria fredda di origine polare oppure addirittura artica viene poi talvolta convogliata sull’Europa, rispettivamente sul Canada e sugli Stati Uniti. “Quando si formano quattro o cinque lobi secondari, ovvero vortici indipendenti intorno alla zona di alta pressione sul polo, non di rado si parla di distribuzione ‘ad omino’: ovviamente non è una definizione molto scientifica, ma se pensiamo alla forma si intravede proprio quella di un piccolo omino con testa, braccia e gambe. Al di là di quanto siano i lobi, questa configurazione è quella che maggiormente favorisce la discesa di aria molto fredda di origine polare o addirittura artica fino alle medie latitudini”. Anche l’ondata di freddo che ha colpito il Canada e gli Stati Uniti tra il 15 e il 20 novembre scorso, facendo segnare nuovi record per gli accumuli di neve sulle 24 ore, è stata causata proprio da un lobo secondario che si è posizionato e ha favorito la discesa di aria artica che si è umidificata transitando sull’oceano artico prima di raggiungere la terraferma “La conseguenza è proprio un'improvvisa diminuzione delle temperature spesso accompagnata da abbondanti nevicate. Ovviamente non tutte le regioni sono contemporaneamente interessate perché dipende da dove va a posizionarsi il lobo”. Piccola parentesi: una domanda da porsi è se la riduzione dei ghiacci polari e una presenza di una superficie oceanica non ghiacciata permette una maggiore umidificazione intensificando le nevicate in queste situazioni. Anche per rispondere a questa domanda, alla quale al momento non abbiamo risposta, i modelli climatici e le loro simulazioni potrebbero essere d’aiuto.

Il posizionamento dei lobi è piuttosto casuale, visto anche il movimento caotico dell'atmosfera, ma bisogna considerare che “le analisi climatologiche sulla frequenza del posizionamento di un certo lobo sono ancora difficili da effettuare a causa della mancanza di una serie di osservazioni sufficientemente lunga e omogenea. La posizione di un particolare lobo è però decisiva per avere o meno una ondata di freddo sull'Europa. Sul nostro Continente, per avere delle forti ed estreme ondate di freddo, un posizionamento sicuramente favorevole è quando il lobo si stabilisce sulla Scandinavia o sulla Siberia, come è già capitato in passato con temperature estreme in Europa e anche in Svizzera, sia ad alta sia a bassa quota.”

Negli ultimi anni si è spesso letto di periodi estremamente freddi e nevosi sul Canada e sugli Stati Uniti, e un motivo c’è: “Sul continente nordamericano ultimamente il posizionamento di un lobo secondario al momento della frantumazione del vortice è un po’ più costante rispetto a quello sulla Siberia, ma è ancora difficile e presto per stabilire una tendenza. L’ultimo evento degno di nota di stratwarming con un posizionamento di un lobo in posizione favorevole sull'Europa è stato nel febbraio 2018, quando un lobo si è spostato appunto sulla Siberia, favorendo l'afflusso di aria molto fredda. Probabilmente molti si ricordano che si parlava di Burian: mentre nel continente le temperature erano scese di decine di gradi al di sotto della norma, sul circolo polare artico - a causa dell'anticiclone caldo che ha frantumato il vortice - le temperature erano addirittura al di sopra degli zero gradi. Il fenomeno resta comunque piuttosto limitato nel tempo: nel 2018, a distanza di circa dieci giorni, il vortice polare ha ripreso vigore e l'ondata di freddo in Europa ha lasciato spazio nuovamente a delle correnti più miti da ovest. Non sempre il riscaldamento stratosferico ha contraddistinto gli inverni rigidi del passato, anche perché appunto il fenomeno riguarda una fase temporale e geografica piuttosto circoscritta” conclude Luca Nisi.

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#lameteospiegata è una serie RSINews, in collaborazione con
MeteoSvizzera, che nasce con l’intenzione di approfondire, una volta al mese, un tema meteorologico non per forza legato alla stretta attualità. La missione: renderlo accessibile e comprensibile.

Il vortice polare, l'amministratore del freddo – parte 1

Il blog completo de #lameteospiegata sul sito web di RSI è accessibile al seguente link:
https://www.rsi.ch/news/ticino-e-grigioni-e-insubria/Il-vortice-polare-lamministratore-del-freddo-15828799.html