Il Vortice polare è una struttura che si sviluppa principalmente nella stratosfera, tipicamente tra i 12 e i 50 chilometri di altitudine e quindi al di sopra della troposfera (e della tropopausa) dove avvengono i processi atmosferici principali della meteorologia. “Sulla regione polare l’atmosfera è più sottile e la stratosfera parte già dagli 8 km. Spesso però questo vortice che sta alle quote più alte interessa anche gli strati più bassi della troposfera, soprattutto quando è intenso, andando a creare anche un vortice polare troposferico. In meteorologia c’è proprio la distinzione tra il vortice stratosferico e quello della troposfera, che interessa maggiormente le masse d’aria vicine al suolo. Quindi guardando la terra dall'alto esattamente sopra il Polo Nord vediamo un movimento circolare delle masse d'aria in senso antiorario con alcune ondulazioni, non un vero cerchio perfetto: meno sono marcate le ondulazioni e più circolare sarà la forma. Queste ondulazioni in meteorologia sono anche dette onde di Rossby, un possibile tema per una puntata futura di #lameteospiegata. Un vortice analogo è presente anche sopra il Polo Sud ed è chiamato Vortice Antartico, ma ci torneremo più avanti”.
Da fronte polare a vortice polare
In passato il vortice polare era chiamato semplicemente e in modo generale “fronte polare”, che indicava una zona di forte variazione di temperatura e umidità, quella che separa l'aria artica da quella più temperata delle medie latitudini. Poi, con l’avvento di nuovi sensori, modelli numerici e tecnologie – su tutte le immagini satellitari – si è potuto definirlo come vortice analizzando e simulando più precisamente la dinamica atmosferica nella regione polare. “La definizione fronte polare è un'eredità della scuola meteorologica norvegese che, grazie alla presenza di scienziati di spicco, in passato è sempre stata il modello di eccellenza sulla dinamica dell'atmosfera e dove sono stati scoperti numerosi modelli concettuali e teorie che spiegano i fenomeni atmosferici. Il termine fronte polare è in realtà ancora utilizzato oggigiorno: indica la regione di confine e di separazione tra la cella polare e la cella di Ferrell, che è concretamente posizionata attorno al 60esimo parallelo di latitudine di entrambi gli emisferi e, come detto, presenta un brusco gradiente soprattutto di temperatura. Insomma, è una struttura che troviamo ancora, che è parte del vortice polare, ma che non è il vortice polare stesso.”
Come funziona il vortice polare?
Innanzitutto il senso di rotazione, quindi antiorario per quel che ci riguarda (orario nell’emisfero australe, sul Polo Sud), dipende dalla forza di Coriolis, quindi dalla rotazione della Terra. Passando alla sua formazione, “buona parte dei meteorologi considera come causa l’effetto delle forti correnti da ovest che s’instaurano in quota alle medie latitudini. Queste correnti sono il frutto del disequilibrio dato dal riscaldamento solare differenziato tra le basse e le alte latitudini e dei conseguenti contrasti termici che si creano in particolare nella stagione fredda (raffreddamento più marcato nelle zone artiche rispetto a quelle equatoriali). Sono proprio questi venti a dare il via alla rotazione vorticosa più o meno circolare attorno al Polo. Il vortice si irrobustisce e si estende in autunno e si indebolisce e restringe a partire dalla primavera (in estate è praticamente assente). Durante la stagione calda le correnti da ovest, anche chiamate correnti zonali, possono comunque essere presenti, anche se meno intense e con una frequenza di molto inferiore. Di tanto in tanto ci possono essere degli eventi temporanei che frantumano il vortice e per brevi lassi di tempo (da alcune giornate al massimo qualche settimana) non è più presente. E può capitare non solo nella sua fase meno intensa, ma anche in pieno inverno, all’apice dell’intensità. Inoltre può pure capitare che, a causa della formazione di una zona di alta pressione centrata proprio al Polo, il vortice con il suo centro venga spostato.