Esiste poi come già scritto anche una classificazione della neve una volta che ha raggiunto il suolo, la letteratura riporta infatti sei classi principali: “Si inizia parlando di spolverata quando il manto che rimane a terra è misero. La spolverata potrebbe far pensare alla neve polverosa, ma alle nostre latitudini si utilizza il termine anche quando si accumula al suolo qualche centimetro di neve bagnata. Di neve polverosa si parla invece quando i fiocchi cadono con temperature a zero gradi o inferiori e rimane poi molto freddo anche al suolo. Come penso tutti abbiano già visto, si tratta di una neve molto soffice sulla quale basta soffiare con la bocca per vedere uno spostamento al suolo. La neve pesante è invece presente quando la neve cade in una massa d’aria mite e quindi risulta bagnata. Ma può anche comparire partendo dalla neve polverosa, sempre a causa dell’aumento delle temperature che innesca il processo di fusione e quindi l’umidificazione del manto nevoso. Al contrario, la neve ghiacciata compare quando un manto nevoso umido e bagnato, in seguito a un calo della temperatura, magari di notte, fa appunto ghiacciare la neve, che subisce una trasformazione e si riformano i cristalli di ghiaccio all’interno del manto dove durante il giorno si è pure magari infiltrata acqua di fusione. Alla fine del processo questa neve viene poi definita neve trasformata, un’ulteriore classe a sé stante: il ciclo continuo giorno-notte e i cambi di temperatura continuano infatti a lavorare e modificare questa neve di giorno in giorno. L’ultima categoria, che troviamo soprattutto in montagna ed è ben conosciuta – e spesso temuta, non tanto per le valanghe ma per la difficoltà a ‘sciarla’ – da chi pratica lo sciescursionismo, la cosiddetta neve ventata. Il vento e l’umidità infatti, con il loro lavoro incessante lavoro, trasformano la neve formando una crosta molto dura in particolare sulla superficie. in Ticino la chiamiamo anche neve cartonata, che viene probabilmente dal dialetto quando si dice che “l’è come carton”.
L’accumulo al suolo: attacca o non attacca?
Anche in questo caso una premessa si rende utile e riguarda due concetti che anche da noi sono utilizzati nei bollettini di MeteoSvizzera: “Come molti altri numerosi uffici meteorologici, nei nostri bollettini indichiamo il limite delle nevicate: si tratta della quota dove durante un evento di precipitazione sono presenti in egual quantità gocce di pioggia e fiocchi di neve, al 50 e 50 insomma, anche se si tratta di un’approssimazione perché andare a contarli è abbastanza impensabile. Questo limite dipende primariamente da una combinazione di temperatura e umidità dell’aria, ma generalmente si situa dove la temperatura oscilla tra poco più di 0 e 2 gradi, di solito 3-400 metri di dislivello al di sotto dell’isoterma di zero gradi. In questa zona, e molti forse non lo sanno, non è da attendersi accumulo nevoso al suolo. Per determinare il limite delle nevicate in meteorologia viene utilizzata maggiormente la temperatura psicrometrica, un valore di temperatura che tiene conto anche dell’umidità dell’aria. Il limite della neve invece, che è differente e che non viene indicato nelle previsioni, indica la quota dalla quale la neve inizia a imbiancare e a rimanere presente, ad ‘attaccare’, sul terreno. Solitamente lo si trova 100-200 metri più in alto rispetto al limite delle nevicate, ma sempre al di sotto dell’isoterma di zero gradi di circa 200 metri. Semplificando e pensando in ‘verticale’, scendendo dall’alto troveremo prima l’isoterma di zero gradi, al di sopra del quale di solito la neve è polverosa, dopodiché, scendendo 200 metri, la neve inizia a diventare umida o bagnata ma è ancora presente al suolo: qui avremo il limite della neve. Infine, circa altri 200 metri al di sotto avremo il limite delle nevicate senza accumulo”.