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La nebbia, diradiamo ogni dubbio – parte 2

MeteoSvizzera-Blog | 19 novembre 2022
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Continuiamo il nostro viaggio #lameteospiegata nel magico mondo della nebbia. Sembra tutta uguale, ma ne esistono di molti tipi! Essi dipendono in gran parte dal processo che ha portato alla condensazione del vapore acqueo presente nell’aria. Inoltre parleremo di foschia, di caligine… termini che sicuramente non sono nuovi ai nostri lettori!

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Nebbia e foschia, una differenziazione da “vedere”

A fare da spartiacque nella categorizzazione di nebbia e foschia è in particolare un parametro: la visibilità, ovvero la distanza massima alla quale un oggetto è ben visibile da un osservatore a occhio nudo.  Luca Nisi: “anche i meteorologi di Locarno Monti, a cadenza regolare in occasione dell’osservazione del cielo che viene fatta ogni 3 ore, stimano la visibilità atmosferica dal punto d’osservazione posto sul tetto del centro regionale sud di MeteoSvizzera. Si guardano proprio gli oggetti che abbiamo attorno e si tratta di una stima che viene fatta in modo soggettivo, chiaramente non priva di errori. Negli aeroporti invece, sulle corte distanze abbiamo anche degli strumenti che stimano proprio la trasparenza dell’aria. In meteorologia possiamo poi dire che per definizione abbiamo nebbia quando la visibilità non supera i 1000 metri: insomma quando di una casa, di un albero o di qualcos’altro non sono visibili i bordi, oppure l’oggetto è visibile in modo molto offuscato, a una distanza minore di un chilometro. La nebbia si suddivide poi a sua volta in tre categorie fondate sulla visibilità: la nebbia spessa, quando la visibilità è compresa tra 50 e 200 metri, la nebbia fitta con visibilità compresa tra 30 e 50 metri e la nebbia densa, quando la visibilità si ferma ai 30 metri massimi. In alcuni casi, soprattutto in montagna e soprattutto in inverno, possiamo avere addirittura pochi metri di visibilità, che genera una sensazione quasi claustrofobica.

Se la visibilità invece è limitata, con un fenomeno di oscuramento presente, ma comunque superiore ai 1000 metri, parliamo di foschia, che è come una specie di nebbia molto rarefatta. “All'interno della foschia l'umidità relativa è spesso alta, ma non raggiunge il 100%. Di converso in meteorologia se la visibilità è superiore ai 15 chilometri e non abbiamo nessun effetto di oscuramento, l’atmosfera viene considerata limpida. Una soglia che cambia nell’aviazione: quando si riesce a vedere oltre i 5 chilometri l’atmosfera è già considerata limpida. La foschia si suddivide inoltre in due processi differenti, sia nella formazione sia nel risultato finale all'osservazione. La foschia umida è composta prevalentemente da goccioline d'acqua sospese che limitano la visibilità, come detto, tra 1 e 15 chilometri e l'umidità relativa è almeno del 75%. Se invece la visibilità è limitata allo stesso modo, ma l'aria è un po’ più secca, al di sotto del 75%, il fenomeno prende il nome di caligine: un tipo di foschia asciutta dove le piccole particelle che oscurano o rendono opaca l'atmosfera sono principalmente dovute a pulviscolo secco, causato da fumo, polveri o particelle varie a causa delle più svariate emissioni legate all’attività dell’uomo”.

Le tipologie di nebbia in base al processo di formazione

Abbiamo già visto che a livello macroscopico esistono due tipi di nebbia: quella alta e quella bassa, che tocca il suolo. Oltre alla visibilità, la nebbia viene però classificata anche in relazione alla sua formazione. “La prima tipologia che incontriamo è la nebbia da irraggiamento, che si forma generalmente dopo il tramonto, quando il suolo ha ceduto il calore all'atmosfera circostante tramite appunto l'irraggiamento. Un processo che avviene tipicamente in autunno e in inverno, quando con delle notti lunghe i bassi strati dell’atmosfera si raffreddano in modo importante. Raffreddandosi l’umidità relativa nell’aria aumenta e, quando raggiunge il 100%, vicino alla superficie terrestre inizia a formarsi uno strato di nebbia rarefatto e molto basso, anche poche decine di centimetri, che via via si innalza verso l'alto e, una volta superata la soglia dei due metri, iniziamo a parlare di nebbia vera e propria. L’arrivo del sole scalda poi la superficie di quest’aria che, tramite il rimescolamento, tenderà a dissolversi in maniera sempre più marcata. La nebbia da irraggiamento segue tendenzialmente il ciclo diurno.

Troviamo poi la nebbia da avvezione, che si forma quando arriva aria più mite rispetto a quella che abbiamo in un dato momento e luogo, con un apporto di umidità superiore. L’umidità relativa aumenta e se raggiungerà il 100% ecco che inizierà il processo di condensazione formando il banco di nebbia.

Abbiamo poi la nebbia da umidificazione, che è un po’ più localizzata ed è creata dall'aria fredda che transita su un oceano o un mare con acqua molto più calda. In Svizzera possiamo dire che questo effetto è molto limitato. A livello molto locale potrebbe succedere in prossimità di laghi particolarmente grandi, mentre nel Nord Europa capita più spesso con la discesa di aria artica sul mare soprattutto in autunno, quando il mare è ancora caldo. Come negli altri casi l’aria si raffredda vicino alla superficie del mare: in essa può essere quindi presente un minor quantitativo di vapore acqueo e quindi rapidamente inizia il processo di condensazione.

C’è poi la nebbia frontale, che conosciamo invece bene anche a sud delle Alpi e in tutta la regione alpina. È la nebbia che si forma quando una precipitazione cade nell'aria secca dietro una nube: le goccioline liquide evaporano in vapore acqueo e si formano dei banchi di nebbia. Succede spesso quando abbiamo una perturbazione che raggiunge la regione alpina con un fronte caldo che si scontra con uno freddo.

Proseguendo troviamo la nebbia che si congela, o nebbia sopraffusa. Succede quando le goccioline all'interno della nebbia sono allo stato liquido, ma si trovano in un'area dove la temperatura dell'aria è inferiore a zero gradi, anche di parecchio. Al contatto con la superficie o gli oggetti le goccioline congelano di istantaneamente si formano dei depositi di ghiaccio, chiamati anche galaverna oppure ghiaccio chiaro. È molto frequente sulle cime delle montagne, che sono spesso esposte anche a un debole vento che fa cozzare queste goccioline d'acqua sulla superficie.

Infine abbiamo la nebbia ghiacciata o gelata, una tipologia molto rara, ma più frequente in montagna e in cui le goccioline sono congelate a mezz'aria. Le temperature devono essere solitamente inferiori a -30/-40 e è osservabile soprattutto nell'Artico, però in casi molto particolari la si può vedere anche su qualche cima della cresta alpina in inverno. È una sorta di precipitazione formata da aghi di ghiaccio che può causare una diminuzione della visibilità.

Smog e inquinanti, gli aiutanti della nebbia

Tra inquinamento e nebbia esiste una doppia relazione che si manifesta soprattutto nel periodo autunnale-invernale, quando è presente spesso un’inversione termica, con aria più calda in montagna e più fredda e pesante nei bassi strati, dove vengono intrappolati anche gli inquinanti (di solito sotto i 2000/2500 metri). L'inversione termica può causare della nebbia e la nebbia stessa può andare anche a rinforzare l’inversione termica. “Chiaramente potete immaginare che se le emissioni continuano e non c'è rimescolamento della massa d'aria per più giorni o addirittura, in casi estremi per più settimane, le concentrazioni di inquinanti continuano ad aumentare. Si può quindi dire chela nebbia può peggiorare l'inquinamento atmosferico. Oltre a intrappolarlo negli strati più bassi, ne aumenta infatti anche la tossicità, in quanto la nebbia è anche in grado di disciogliere queste particelle o questi gas nelle goccioline, rendendoli più pericolosi per l'uomo e per la vita animale ingenerale”. E la seconda relazione? “Le emissioni possono fornire un numero maggiore di impurità, piccole particelle di aerosol che fungono anche da nuclei di condensazione, che vanno a stimolare e accelerare la formazione di nebbia”.

Un serbatoio d’acqua prezioso

Detto degli aspetti spesso negativi della nebbia (visibilità e inquinanti), è altrettanto vero che ce ne possono essere anche di positivi. “In particolare garantisce alla flora un apporto di umidità anche in assenza di precipitazioni, con le goccioline che possono andare a depositarsi sulle foglie o anche sul terreno. Se pensiamo ad esempio alla Pianura Padana, dove ci sono stati degli inverni caratterizzati da situazioni anticicloniche molto pronunciate – il 2022 è forse il miglior esempio – la nebbia, tipica proprio di queste situazioni, può portare comunque un’umidificazione del terreno e della flora e quindi mitigare, almeno in parte, eventuali condizioni siccitose importanti e prolungate”.

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#lameteospiegata è una serie RSINews, in collaborazione con
MeteoSvizzera, che nasce con l’intenzione di approfondire, una volta al mese, un tema meteorologico non per forza legato alla stretta attualità. La missione: renderlo accessibile e comprensibile.

Altri blog della serie #lameteospiegata dedicati alla nebbia:
La nebbia, diradiamo ogni dubbio – parte 1:

Il blog completo de #lameteospiegata sul sito web di RSI è accessibile al seguente link:
https://www.rsi.ch/news/oltre-la-news/La-nebbia-diradiamo-ogni-dubbio-15750394.html