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Viaggio al centro delle Azzorre

MeteoSvizzera-Blog | 14 aprile 2024
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L'arcipelago delle Azzorre è conosciuto da noi soprattutto per dare il nome all'anticiclone che, soprattutto in passato, accompagnava le nostre estati. Ma le Azzorre sono anche altro, ce lo facciamo raccontare da Alessandro, che svolge il suo servizio civile a MeteoSvizzera e che le ha visitate, sacco in spalla, durante le sue vacanze. Ecco il suo resoconto di viaggio in questo blog.

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Nel mese di marzo ho preso una settimana di vacanza e, zaino in spalla, mi sono recato alle Azzorre, un arcipelago composto da nove isole vulcaniche nel bel mezzo dell’oceano Atlantico settentrionale. Ogni isola nell’arcipelago è unica e ben distinta dalle altre e fra tutte, già prima di partire, mi ero fatto impressionare da Pico, la seconda per estensione e segnata dalla presenza del terzo vulcano più alto dell’Atlantico e vetta più alta del Portogallo, la Montanha do Pico. Questo imponente cono di 2351 metri d’altezza farebbe gola a qualsiasi appassionato di montagna che si trovi nei paraggi, sia per la sua mole che per gli scorci di cui si può godere ai suoi piedi; piccoli stagni situati in crateri vulcanici ormai spenti circondati da una brughiera selvaggia interrotta solamente da strette strade che proseguono dritte per chilometri. Ho così deciso che uno degli obiettivi principali del mio viaggio sarebbe stato quello di conquistare la vetta e passare una notte nel cratere, partendo a piedi dal livello del mare.

Ed è così che dopo essere sbarcato al microscopico aeroporto del paesino di Madalena do Pico in una tiepida e variabile mattinata di marzo (le condizioni meteo alle Azzorre possono cambiare nel giro di ore, se non di meno) ho intrapreso il mio cammino con destinazione casa da Montanha, una sorta di capanna a quota 1000 m nonché l’unica tappa obbligatoria per ogni escursionista che voglia intraprendere il sentiero del vulcano. Qui infatti ho dovuto comunicare l’intenzione di scalare la montagna e passare una notte in cima; dopo l’autorizzazione mi è stato consegnato un piccolo dispositivo GPS/telefono satellitare per poter rimanere in contatto con i guardia parco in caso di difficoltà. A questo punto si erano fatte le 15 e mi rimanevano ancora 1200 m di dislivello da compiere in un percorso di poco più di 3,5 km, inerpicandomi in un sentiero sassoso e ripido con tutto il necessario per passare la notte in quota. Lasciandomi alle spalle la capanna ormai immersa in un mare di nebbia mi sono incamminato per il ripido sentiero che mi avrebbe portato in cima; dopo aver guadagnato qualche centinaio di metri in altezza mi sono accorto che sotto di me si stava sviluppando uno spettacolo incredibile: infatti, ad una quota di 1000 metri, si era formato un “mare di nuvole” che si estendeva a perdita d’occhio nascondendo ai miei occhi l’arcipelago e l’oceano fino all’orizzonte.

Giunto sul bordo del cratere ormai al calar del sole ho potuto godermi un tramonto che sulle Alpi sarebbe inimmaginabile per la mancanza di altre cime a fare “concorrenza” al mio privilegiato osservatorio sopra le nuvole. Per quanto riguarda l’accampamento per la notte, fortunatamente all’interno del cratere ci sono alcuni spazi pianeggianti dove può essere agevolmente montata una tenda e cucinata la cena senza doversi preoccupare del vento, che alle Azzorre è un compagno di viaggio molto fedele. Infatti, nonostante da noi il nome delle Azzorre venga collegato con un tipo di tempo anticiclonico, con venti deboli, alle Azzorre stesse la questione è decisamente più movimentata a causa in particolare delle correnti dall'Atlantico che sferzano le coste dell'arcipelago.

Ho dunque pernottato nel cratere del principale vulcano delle Azzorre, nel cuore di un "ipotetico" anticiclone delle Azzore; non male per un civilista che svolge il suo servizio a MeteoSvizzera.

Il mattino seguente mi sono svegliato ben prima delle prime luci dell’aurora, sapendo che l’avventura non sarebbe stata completa senza la salita al “Piquinho”, un cono alto un centinaio di metri che determina la vera e propria vetta al bordo orientale del cratere; in cima ci sono alcune fumarole che permettono di osservare l’alba al caldo, cosa apprezzata nel mese di marzo; fortunatamente avevo anche un thermos di tè caldo…

Dopo quest’ennesimo spettacolo, una veloce colazione e aver smontato il campeggio, ho intrapreso la discesa a passo svelto per raggiungere la capanna e bermi un meritato caffè latte (o galão, come viene chiamato in Portogallo). Con mia sorpresa mi è anche stato consegnato un certificato di ascesa (vista la scarsità di montagne in zona la cosa viene presa molto sul serio)! Dopodiché ho ripreso il mio cammino, zaino in spalla, per poter continuare l’esplorazione della bellissima e selvaggia isola di Pico.