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Le precipitazioni svelate (e spiegate) - Parte 1

MeteoSvizzera-Blog | 03 giugno 2023

Cosa sono le precipitazioni? Come, quando, dove e perché si formano? Quali tipi di precipitazione esistono? Nell'undicesima puntata de #lameteospiegata le protagoniste sono loro: le grandi assenti del 2022!

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“Acqua di maggio è come la parola di un saggio”. “Aprile fa il fiore e maggio si ha il colore”. Lo sappiamo, ci troviamo in un periodo dove spesso – o di norma perlomeno – da noi abbondano le piogge e, dopo due inverni siccitosi, grazie all'instabilità atmosferica delle ultime settimane, le piogge hanno fatto finalmente capolino.

Ma non è dell’attività atmosferica più frenetica della primavera che vogliamo parlare: detti e contestualizzazione meteorologica ci servono invece per introdurre il tema del’undicesima puntata de #lameteospiegata, la serie RSINews proposta mensilmente in collaborazione con MeteoSvizzera. E se ancora non lo avete capito, questa volta parleremo di precipitazioni, un tema ampio e generico che ci permetterà, grazie all’esperienza del meteorologo Luca Nisi, di meglio inquadrare e capire questo fenomeno di vitale importanza per il nostro pianeta.

Che cosa sono le precipitazioni?

precipitazióne s. f. [dal lat. praecipitatio -onis, der. di praecipitare «precipitare»]: In meteorologia, p. atmosferica, la fase della circolazione acquea nell’atmosfera terrestre corrispondente al passaggio dell’acqua dall’atmosfera al suolo. Il vocabolario Treccani ci viene in soccorso per una prima definizione generale, ma noi vogliamo scendere in un dettaglio maggiore: “In meteorologia si tratta di tutti i fenomeni di trasferimento di acqua dall'atmosfera al suolo in un qualsiasi stato fisico, sia liquido che solido. Le precipitazioni liquide le conosciamo bene: possono essere la pioggia sotto forma di gocce d'acqua di differenti dimensioni, con gocce molto piccole in caso di pioggerellina o pioviggine, o con dimensioni più importanti in presenza di un forte temporale. Le precipitazioni solide le abbiamo in parte viste nelle scorse puntate de #lameteospiegata, cadono sotto forma di cristalli di ghiaccio e possono assumere la forma di grandine o gragnuola, ma anche la più classica e conosciuta neve. Quello che invece forse alcuni non sanno è che sono considerate precipitazioni anche le forme sia solide che liquide che si formano al suolo, ovvero la brina e la rugiada. In questo caso il trasferimento di acqua dall'atmosfera al suolo viene fatto direttamente dal vapore acqueo; non vediamo quindi nulla cadere e la formazione è dovuta alla differenza di temperatura al livello del suolo rispetto all’atmosfera che crea il deposito di goccioline sospese, altrimenti non visibili a occhio nudo. Per concludere questa introduzione possiamo inoltre dire che le precipitazioni rappresentano – come vedremo dopo – una fase molto importante del ciclo dell'acqua, sono infatti quelle che vengono chiamate con il termine generale “acque meteoriche”, la parte di acqua che sulla terra precipita al suolo” spiega Luca Nisi.

Come, quando, dove e perché si formano le precipitazioni?

Lo abbiamo già visto in altre puntate: la formazione di goccioline nell’atmosfera avviene ogni volta che abbiamo un processo di condensazione, tipicamente quando l’aria raffreddandosi (tipicamente salendo verso l’alto per svariati motivi e quindi subendo un processo di espansione) dispone di meno spazio per il vapore acqueo. E poi? “ Il primo stadio sono le nubi, che contengono delle gocce molto molto piccole che rimangono in sospensione grazie alla resistenza esercitata dall’aria e delle correnti, essendo goccioline o cristalli di ghiaccio molto piccoli e leggeri. A causa del loro movimento, quando si scontrano tra loro, iniziano a formare gocce o cristalli sempre più grandi e pesanti fino a che il loro peso riesce a vincere la resistenza dell'aria, cadendo poi con velocità molto variabili a dipendenza della loro forma e dimensione. Bisogna considerare che occorrono centinaia di milioni di goccioline di “nuvola” per formare una singola goccia di pioggia, tipicamente da un diametro minimo di almeno 200 micrometri, anche se possono raggiungere fino a qualche millimetro, pensando soprattutto ai temporali”.

Ci sono due principali meccanismi di formazione delle gocce o dei cristalli di ghiaccio che compongono le precipitazioni: “Il primo è un accrescimento per coalescenza: accade soprattutto nelle nubi calde, quando la temperatura della nube risulta superiore agli zero gradi e che quindi genererà pioggia. Questo tipo di nube si trova solitamente ad altitudini non troppo elevate e le goccioline all'interno della nuvola sono spinte verso l'alto dalle correnti ascensionali, andando a collidere con altre goccioline e aumentando pian piano di dimensioni. Una volta raggiunto il diametro che menzionavo prima di 200 micrometri, che rappresenta all’incirca la soglia limite, solitamente le correnti ascensionali non sono più in grado di mantenere in sospensione queste gocce e quindi cominciano a cadere ingrandendosi ulteriormente. La soglia è comunque relativa e dipende dalla forza delle correnti: nei temporali possono essere così forti che non solo riescono a sostenere gocce di alcuni millimetri, ma anche i chicchi di grandine, dei quali alcuni – come sappiamo da misurazioni in Nord America – hanno raggiunto dimensioni anche di 10 centimetri. Il secondo processo, che è chiamato Wegener-Bergeron-Findeisen, riguarda invece le nubi fredde (meno di 0°C) che troviamo solitamente a quote più elevate. Il processo è causato dalla presenta dei nuclei di congelamento, già visti nella puntata sulla neve. Su questi nuclei si depositano delle piccolissime goccioline d'acqua sopraffuse, ovvero allo stato liquido, ma a temperature inferiori allo zero, e attaccandosi a questi cristalli di ghiaccio congelano immediatamente e li fanno aumentare di dimensione in modo importante, finché anch'essi diventano piuttosto pesanti e la resistenza dell'aria non è più sufficiente per mantenerli in quota. Bisogna dire il cristallo di ghiaccio o fiocco di neve, quando inizia a scendere, può subire anch’esso un accrescimento per coalescenza attaccandosi ad altri cristalli di ghiaccio. Un esempio che probabilmente conoscono tutti: quando nevica con temperature sotto lo zero osserviamo dei cristallini di ghiaccio ben definiti, mentre quando nevica intensamente ma con temperature leggermente sopra lo zero, cadono quei fiocconi scenografici che spesso in Ticino definiamo come ‘cinc franc’ vista la dimensione. Si tratta proprio di agglomerati di fiocchi di neve, che inizialmente si sono formati con il processo di Wegener-Bergeron-Findeisen, ma poi hanno subito un processo di accrescimento per coalescenza”.

Le diverse forme delle precipitazioni

Le precipitazioni possono verificarsi principalmente in tre forme diverse, anche se poi esistono pure delle sottocategorie, ma fermiamoci a quelle principali: le precipitazioni stratiformi, quelle orografiche e quelle convettive. “In Svizzera siamo fortunati perché sono frequenti tutte e tre le tipologie. Nelle zone di pianura abbiamo le precipitazioni stratiformi e convettive, ma chiaramente mancando le montagne quelle orografiche sono assenti. Le precipitazioni stratiformi sono causate da sistemi frontali, soprattutto da fronti caldi che generalmente apportano piogge distribuite uniformemente al di sopra di un'ampia zona, sono infatti caratterizzate dalla loro importante estensione sul territorio, dalla loro persistenza e dalla lunga durata. Cadono dalle nubi stratiformi, tipicamente strati e nembostrati. Il termine stratiformi non dà nessuna indicazione sulla loro intensità e possono infatti essere deboli, sotto forma di pioviggine che cade principalmente dalle nubi presenti negli strati più bassi dell’atmosfera (bisogna immaginare che una gocciolina di pioviggine non riesce a scendere più di 400-500 metri sotto la base della nube, perché evapora), oppure forti che cadono da un nembostrato. Possono durare qualche ora, ma addirittura anche alcuni giorni… basti pensare agli eventi alluvionali che hanno interessato in passato il Ticino, soprattutto verso il tardo autunno, quando la componente temporalesca non è più predominante. Sono precipitazioni soprattutto della stagione fredda, quando l'instabilità atmosferica è bassa. Ci sono poi le precipitazioni orografiche, come detto ben presenti sulla regione alpina a causa delle montagne molto alte, e si verificano quando masse d'aria umide spinte dalle correnti d'aria sono forzate a salire lungo i versanti dei rilievi alpini. Sottostanno a dinamiche complesse, quindi hanno molti sottogruppi e dispongono di numerosi sottoprocessi. Le conosciamo bene grazie alla complessità delle Alpi e sono una delle cause per il quale le precipitazioni a sud delle Alpi sono abbondanti e talvolta anche alluvionali. L'ultima categoria comprende le precipitazioni convettive, che avvengono in presenza di instabilità atmosferica, che è anche la loro causa. In questi casi l’aria a contatto con il suolo si riscalda diventando più leggera e viene sospinta quindi verso l’alto a causa della spinta di galleggiamento (principio di Archimede).  Anche i fronti freddi causano spesso precipitazioni di tipo convettivo: l’aria fredda, più pesante, forza l’aria più calda che si trova davanti al fronte a salire in modo improvviso. Come tipiche precipitazioni convettive possiamo pensare ai rovesci, sia temporaleschi che non (con o senza fulmini), che sono caratterizzati da rapidi cambiamenti di densità sopra una certa zona per un periodo di tempo limitato. Hanno una forte variabilità nella loro intensità e le nubi che causano questo tipo di precipitazioni sono i cumuli e più nello specifico i cumuli congesti o i cumulonembi, in quanto i cumuli umili e mediocri sono troppo poco sviluppati per causare precipitazioni al suolo” conclude Nisi.

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#lameteospiegata è una serie RSINews, in collaborazione con MeteoSvizzera, che nasce con l’intenzione di approfondire, una volta al mese, un tema meteorologico non per forza legato alla stretta attualità. La missione: renderlo accessibile e comprensibile.

Il blog completo de #lameteospiegata è disponibile sul sito web di RSI.