Se guardate la pioggia che cade all'orizzonte vi sembrerà bianca, forse grigia, ma se il sole irrompe tra le vostre spalle verso le nuvole, vedrete apparire un arcobaleno.
Il lago Maggiore, che negli scorsi giorni era blu o turchese, quasi verde, durante un temporale può risultare quasi nero. Eppure è lo stesso lago.
Una barra di ferro che di solito è nera, scaldandosi diventa rossa.
Questi pochi esempi di oggetti che cambiano colore a seconda delle circostanze suggeriscono che il colore non è intrinsecamente legato ad un oggetto, ma è piuttosto una proprietà condizionale. Per capire perché, dobbiamo prima esaminare l'origine dei colori.
Lo spettro solare
Il sole emette delle radiazioni elettromagnetiche in una gamma di lunghezze d'onda estremamente ampia: da meno di 250 a più di 2500 nanometri. La massima intensità di questa radiazione si verifica nella cosiddetta banda "visibile", cioè tra circa 400 e 800 nanometri. Questa parte dello spettro solare è così chiamata perché i nostri occhi sono in grado di percepire queste onde.
Tuttavia, un'onda di per sé non ha colore. Ne consegue che il colore che percepiamo è il risultato di una complessa "interpretazione" che il nostro sistema occhio-cervello fa della lunghezza d'onda che lo stimola, proveniente da qualsiasi fonte luminosa, che può essere emessa direttamente da una sorgente, oppure riflessa, diffusa, rifratta, ecc...
I colori corrispondono quindi alle diverse lunghezze d'onda della banda visibile dello spettro solare e sono distribuiti secondo il diagramma nella figura 1 (gamma visibile). Oltre ai classici colori dell'arcobaleno, il nostro cervello è in grado di visualizzare tutte le tonalità di colori possibili, in base alla mescolanza secondo diverse proporzioni di diverse lunghezze d'onda.
Le bande UV (ultravioletto) e IR (infrarosso) non sono invece percepibili dall'occhio umano.