Ambito dei contenuti

Nell’occhio del ciclone - parte 2

MeteoSvizzera-Blog | 23 ottobre 2022
3 Commenti

Come e quando si formano gli uragani? Come vengono classificati? Quali sono i valori record misurati? Continuiamo il nostro viaggio nella serie #lameteospiegata, una collaborazione con RSINews, e vediamo un po' più da vicino alcune caratteristiche di uno dei fenomeni meteorologi più distruttivi conosciuti.

  • Tempo

Piè di pagina

Navigazione top bar

Autorità federali svizzereAutorità federali svizzere

Non solo vento, ma anche pioggia, moltissima pioggia, mareggiate, grandine, fulmini e persino tornado. In un uragano si possono trovare tutti i fenomeni più intensi legati ai temporali. Sempre accompagnati da Luca Nisi di MeteoSvizzera Locarno-Monti, cerchiamo di capire come si formano e come sono strutturati.

Come e quando si formano gli uragani?

Partendo dalla dimensione temporale, si può dire in generale che la tarda estate è il momento dove c’è la maggior frequenza di uragani, proprio perché la temperatura superficiale degli oceani è maggiore, anche se ogni regione ha il suo specifico andamento. In media ogni anno si formano 50 cicloni tropicali sul mondo e la zona più colpita è il Pacifico nord occidentale, dove se ne formano mediamente 16. Quelli che interessano maggiormente l’Europa (anche se notevolmente indeboliti), per vicinanza, si formano nell’Atlantico centrale  (6 in media) e si sviluppano da giugno a novembre, con un picco tra la fine di agosto e per tutto il mese di settembre. Particolare invece è la zona del Pacifico nord-occidentale, dove i cicloni tropicali si formano e sono possibili tutto l'anno, con un minimo a febbraio e un picco anch'esso all'inizio di settembre. In linea di massima si possono formare su tutta la fascia tropicale e subtropicale, tranne dove c’è la terraferma che annulla la prima pre-condizione di un’ampia distesa d’acqua sopra i 27 gradi.

Più complesso è invece spiegare la loro formazione: “Diciamo che è tuttora oggetto di ricerca scientifica, perché non tutto è stato scoperto. Ad ogni modo gli elementi che concorrono alla formazione si possono riassumere in cinque punti. Il primo, già citato, è che dobbiamo avere temperature superficiali dell'acqua molto elevate, 27 gradi su una profondità di almeno 50 metri, associabile quindi come immagine a quella di un’estesa vasca da bagno riempita di acqua calda. In concomitanza ci devono essere delle condizioni atmosferiche al di sopra di queste acque che permettano la formazione di temporali. In queste zone tropicali e subtropicali vuol dire, oltre all’acqua calda, una diminuzione importante della temperatura salendo di quota, che dà origine a un’atmosfera instabile, come si dice in gergo.  Dopodiché dobbiamo pure avere una perturbazione meteorologica preesistente, un piccolo disturbo che va a innescare le cellule temporalesche andando a creare un gruppo di temporali. Gli uragani non partono infatti da una singola cellula temporalesca, ma da diversi temporali, anche decine, che si stimolano l'un l'altro sopra una data regione. Il quarto elemento è rappresentato dalla rotazione terrestre e l’effetto Coriolis. Per averlo dobbiamo trovarci nelle zone tropicali, ma non su sull'equatore dove la forza di Coriolis è pressoché trascurabile. Bisogna pertanto essere almeno a dieci gradi Nord o Sud, in quanto questa forza deve riuscire a far iniziare una rotazione al gruppo di temporali. In ultima battuta è necessaria anche un’assenza di forti venti durante la formazione dei gruppi di temporali, che andrebbero a disturbare la dinamica rotatoria impedendo la formazione del ciclone.

Occhio del ciclone: la calma prima e dopo la tempesta

Le regioni che si trovano sulla traiettoria del centro dell’uragano, sperimentano la tempesta in tutte le sue fasi. All’approcciarsi del sistema ciclonico i venti e le precipitazioni diventano gradualmente più intensi. "All’arrivo dell’occhio avviene un rapido passaggio a tempo più calmo, con il vento in netto indebolimento e la cessazione delle precipitazioni. Durante questa fase, piuttosto limitata nel tempo, i cieli possono diventare sereni, ma spesso è visibile un inquietante muro di nubi verticali verso i bordi dell’”occhio”. Dopo il passaggio di questa zona di temporanea calma i venti ruotano di 180° rinforzandosi nuovamente, così come le precipitazioni.

Alla vista del profano, una zona di calma e cieli anche sereni proprio nel mezzo della tempesta potrebbe risultare molto strana da comprendere. Perché ci sono nubi meno spesse o addirittura ci sono schiarite? "Il motivo è da ricercare nella dinamica ad alta quota: a lato dell’occhio, a circa 15 km di altezza, si forma una divergenza: parte dell’aria viene 'sospinta' verso le parti più esterne del ciclone, parte dell’aria viene sospinta verso l’interno. Nell’occhio del ciclone quindi, sempre ad alta quota, si forma una convergenza di correnti: data l’impossibilità di salire oltre la tropopausa verso la stratosfera (qui i moti verticali sono molto limitati), l’aria è obbligata a scendere verso il basso. Questo processo, anche chiamato subsidenza, fa si che l’aria si scaldi per compressione: l’umidità relativa si abbassa, le nubi si diradano. È stato appurato che la massa d’aria discendente si arresta ad un’altitudine di circa 2000 metri, a causa di un’inversione termica nei bassi strati che talvolta può dar origine a un esteso strato di nuvole a bassa quota (stati e stratocumuli)". Questo effetto di aumento di temperatura data la compressione dell’aria accentua il "cuore caldo del ciclone": a volte le temperature in quota possono essere anche di 10 °C superiori rispetto alle temperature alla stessa quota nei “bordi” dell’uragano.

La terraferma, la principale nemica degli uragani

“Per fare un paragone, è come se improvvisamente a un treno in piena corsa viene tolta l’elettricità”. Utilizza questa similitudine Luca Nisi per spiegare cosa succede a un uragano quando incontra la terraferma, nemica dei cicloni tropicali che provvede a disintegrarli. “Ovviamente il treno ha una certa inerzia così come ce l’ha anche l'uragano, che può continuare a scatenare la sua forza per anche diverso tempo; in poche parole non svanisce di colpo. Più un uragano è intenso, oppure meno l'uragano si sposterà dalle zone costiere oceaniche, dove magari è ancora a disposizione energia a causa delle temperature elevate della superficie marina, e più impiegherà a indebolirsi. Però solitamente, con quasi tutti gli uragani, si osserva un indebolimento sulla terraferma più o meno rapido. I danni maggiori, navigazione esclusa, vengono registrati sulle isole o sulla terraferma delle zone costiere continentali. I danni non sono però dati solo dal vento e dalle piogge: nelle le zone costiere, l'attrito esercitato dal vento sulla superficie oceanica e soprattutto l'importante e rapida riduzione della pressione al suo centro, fa sì che il livello del mare si alzi. L’atmosfera preme insomma in modo minore sulla superficie del mare e questo, combinato con onde alte stimolate dai venti, produce importanti mareggiate e inondazioni impressionanti, distruttive e spesso, purtroppo, mortali”.

Uragani e intensità, la classificazione

I cicloni tropicali vengono classificati in quattro categorie. “La prima in italiano la possiamo definire come onda tropicale, che è proprio questo sistema non organizzato di temporali senza ancora una rotazione ordinata delle celle e i venti al suolo sono ancora piuttosto contenuti.Il secondo ‘step’ è la depressione tropicale, che indica quando il gruppo di temporali inizia ad avere, a causa della loro struttura matura e della forza di Coriolis, una rotazione attorno a un proprio centro. Ed è a questo punto che i venti a basse quote cominciano ad aumentare, misurando  tipicamente delle velocità medie comprese tra 36 a 61 km/h. Delle velocità che conosciamo in alcune situazioni anche nella regione alpina e che non sono particolarmente violente. È poi proprio la velocità del vento che definisce le ultime due categorie: nel terzo grado – quello delle tempeste tropicali –  la rotazione diventa più organizzata e i venti alle basse quote, anche a causa dei temporali molto violenti, sono più forti con delle velocità medie comprese tra 62 e 118 km/h. Questo terzo stadio è anche il momento nel quale alla tempesta viene attribuito un nome proprio. Il quarto e ultimo stadio è l'uragano, ovvero quando il vento alle basse quote supera i 118 chilometri orari, un valore molto elevato considerando che si tratta di una velocità media. Velocità che da noi, in Svizzera, possono essere raggiunte raramente e solo in alta montagna, tipicamente in concomitanza di tempeste invernali da ovest. Velocità di oltre 120 km/h possono venir raggiunte anche in pianura, ma solo sotto forma di raffiche temporanee e non certo come valore medio sui 10 minuti. Gli uragani si suddividono poi a loro volte in cinque categorie (scala Saffir-Simpson): si parte dalla prima, con appunto venti medi a partire da 119 km/h, per arrivare alla quinta, gli uragani più distruttivi con venti medi addirittura oltre i 252 km/h. I fenomeni di categoria cinque sono anche chiamati super uragani o super tifoni.”

Uragani, dati e record

Il ciclone tropicale più intenso della storia è il Tifone Tip, che è stato registrato nel Pacifico, nelle zone delle Filippine, il 12 ottobre 1979. Ha fatto segnare anche il record di bassa pressione: “Nell’occhio del ciclone è calata fino a 860 millibar, un valore davvero molto basso. Per quanto riguarda la durata o rispettivamente la traiettoria più lunga, entrambi i parametri sono invece detenuti dall'uragano John nel 1994, con 13’280 chilometri coperti: ha interessato praticamente tutte le zone comprese dal Pacifico orientale a quello occidentale.”

Per quanto riguarda i venti medi registrati, negli uragani più forti hanno superato ampiamente i 252 km/h orari definiti dalla soglia minima per la categoria 5. “Sono già stati raggiunti dei venti medi che addirittura hanno superato i 300 chilometri orari, ma soprattutto - all'interno di queste spirali temporalesche che ruotano attorno al centro - spesso sono stati osservati dei tornado. A livello locale, quindi all’interno dei tornado, come visto nell’ultima puntata di #lameteospiegata, si possono raggiungere addirittura i 500 km/h”.

La più disastrosa inondazione causata da cicloni avvenne nel novembre del 1970 in Bangladesh, quando un tifone nel Golfo del Pese uccise all'incirca 300’000 persone.  Per quanto riguarda i danni, l’uragano considerato più distruttivo è Katrina, che nel Golfo del Messico e sulle coste statunitensi ha provocato nel 2005 disastri per 108 miliardi di dollari. Lo stesso uragano a causato più di 1'800 vittime.

La terza e ultima puntata della serie #lameteospiegata dedicata agli uragani sarà pubblicata mercoledì 26 ottobre 2022. Si parlerà di allerte, cambiamento climatico e di uragani "europei".

#lameteospiegata è una serie RSINews, in collaborazione con
MeteoSvizzera, che nasce con l’intenzione di approfondire, una volta al mese, un tema meteorologico non per forza legato alla stretta attualità. La missione: renderlo accessibile e comprensibile.

Nell'occhio del ciclone - parte 1:
https://bit.ly/3CUA95e

Blog completo pubblicato su RSINews:
https://bit.ly/3gAjTPi